Il giudice per le indagini  preliminari,  all'esito  dell'odierna
camera di consiglio, ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    Ritiene questo giudice di  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018,  n.  36  nella
parte in cui non prevede  tra  i  reati  perseguibili  a  querela  la
fattispecie di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice  penale,  per
contrasto  con  gli  articoli  76  e  77,  comma  1,  3  e  25  della
Costituzione, avendo il decreto predetto in particolare violato  (per
difetto) la delega ricevuta dal Parlamento con legge 23 giugno  2017,
n. 103 in ordine all'adozione di «decreti legislativi per la modifica
del regime di procedibilita' di taluni reati». 
1. La rilevanza della questione nel procedimento a quo. 
    Nei confronti di B.  B.  e'  stato  emesso  dai  giudice  per  le
indagini preliminari presso il Tribunale di Treviso il decreto penale
n. 422/2017 del 13 aprile 2017 in relazione al reato di cui  all'art.
590-bis, comma (1 e) 8 del codice penale; fatto commesso in Paese  il
12 luglio 2016. 
    Segnatamente  alla  B.  e'  stato  contestato,  quale  conducente
dell'autovettura ........ tg. ........... di non avere rispettato  il
segnale di «STOP» e di svolta  obbligatoria  a  destra  (articoli  7,
comma 1 e 14, 145 comma 5 e 10 codice della  strada)  insistenti  sul
tratto stradale percorso  (via  San  Gottardo  di  Paese);  di  avere
proseguito la marcia attraversando perpendicolarmente  l'intersezione
con la SP  53  «Castellana»  senza  concedere  la  dovuta  precedenza
all'autovettura .......... tg.  ..........  condotta  da  M.  S.  che
percorreva la SP 53 con direzione Vicenza-Treviso;  di  avere  quindi
colliso contro tale utilitaria, cagionando  alla  conducente  lesioni
personali gravi (dalle quali e' derivata  malattia  con  prognosi  di
guarigione superiore a giorni quaranta). Alla B e' inoltre contestato
di aver cagionato lesioni lievi ai  soggetti  trasportati  sulla  sua
autovettura (M. G., D. G. e C. S.). 
    Nessuna delle persone offese ha proposto  querela  nei  confronti
della B. 
    Avverso il predetto decreto penale l'imputata, per il tramite del
proprio procuratore speciale,  ha  proposto  tempestiva  opposizione,
instando per la sospensione del procedimento con  messa  alla  prova,
sollecitando  in  via  preliminare  la  questione   di   legittimita'
costituzionale indicata in premessa. 
    Giova sin da subito  evidenziare,  quanto  alla  rilevanza  della
questione, che la fattispecie di reato in concreto ascritta  alla  B.
non appare connotata da  alcuna  circostanza  aggravante  ad  effetto
speciale previste dall'art. 590-bis, comma 2 e  seguenti  del  codice
penale, non essendo  tale  la  previsione  di  cui  al  comma  ottavo
(lesioni  cagionate  a  piu'  persone),  trattandosi  di  ipotesi  di
concorso formale di reati per il quale il legislatore ha previsto una
unificazione solo quoad penam per mitigare  gli  effetti  del  cumulo
materiale delle pene, secondo pacifica e  consolidata  giurisprudenza
della Suprema Corte di cassazione (Cassazione, Sezione  IV,  n.  8083
del 20 settembre 1982). 
    1.1 La condotta colposa ascritta alla prevenuta e'  stata  tenuta
successivamente all'entrata in vigore  dell'art.  1,  comma  2  della
legge 23 marzo 2016, n. 41 che ha  introdotto  il  reato  di  lesioni
personali stradali gravi o gravissime. 
    La fattispecie tipizzata  dall'art.  590-bis  del  codice  penale
(cosi' come la fattispecie di cui all'art. 589-bis del codice penale)
costituisce  autonoma  figura  delittuosa,   non   gia'   circostanza
aggravante ad effetto speciale del reato di lesioni personali colpose
di cui all'art. 590 del codice penale  (Cassazione,  Sezione  IV,  n.
29721 del 14 giugno 2017, imp. Venni). Configurando  autonoma  figura
di  reato,  in  ossequio   al   principio   generale   in   tema   di
procedibilita', il delitto di cui all'art. 590-bis del codice  penale
e' procedibile d'ufficio (Cassazione, Sezione IV,  n.  27425  del  14
giugno 2018, imp. Bertani). 
    1.2 Il Parlamento, con legge 23 giugno  2017,  n.  103,  art.  1,
comma 16, lettera a)  (Modifiche  al  codice  penale,  al  codice  di
procedura penale e all'ordinamento  penitenziario),  ha  delegato  il
Governo ad adottare, nel termine di un anno dalla data di entrata  in
vigore della  legge,  decreti  legislativi,  per  la  modifica  della
disciplina del  regime  di  procedibilita'  per  taluni  reati  [...]
secondo i seguenti principi e criteri direttivi: 
        a) prevedere la procedibilita' a querela per i  reati  contro
la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la  pena
edittale detentiva non superiore nel massimo a  quattro  anni,  sola,
congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per  il
reato di cui all'art. 610 del codice penale e per i reati  contro  il
patrimonio  previsti  dal  codice  penale,  salva  in  ogni  caso  la
procedibilita'  d'ufficio  qualora   ricorra   una   delle   seguenti
condizioni: 
          1)  la  persona  offesa  sia  incapace  per  eta'   o   per
infermita'; 
          2) ricorrano circostanze  aggravanti  ad  effetto  speciale
ovvero circostanze indicate nell'art. 339 del codice penale; 
          3) nei reati contro il patrimonio il  danno  arrecato  alla
persona offesa sia di rilevante gravita'; ... 
    La norma prosegue  con  l'indicazione  delle  regole  transitorie
relativamente alle ipotesi di reato divenute perseguibili  a  querela
ai sensi di quanto disposto alla lettera a). 
    L'obiettivo della riforma delegata al Governo  (nelle  intenzioni
del delegante, per come espresse  nella  relazione  illustrativa)  e'
quello di condizionare  alla  valutazione  della  persona  offesa  la
perseguibilita' di reati di non particolare gravita' e che presidiano
beni strettamente individuali; l'intervento normativo  del  resto  si
ricollega  alla  volonta'  del  legislatore  di  favorire  la   nuova
disciplina dell'estinzione del reato  per  condotte  riparatorie  (in
un'ottica di deflazione dei carichi processuali,  favorita  anche  da
meccanismi conciliativi che si perfezionano per lo  piu'  nelle  fasi
preliminari del giudizio) secondo la previsione di cui al nuovo  art.
162-ter introdotta con la medesima legge n. 103 del 2017, applicabile
per l'appunto ai soli reati procedibili a querela remissibile. 
    1.2.1 In esecuzione della delega ricevuta, il Governo con decreto
legislativo n. 10 aprile 2018, n. 36, ha dettato la nuova  disciplina
di procedibilita' per taluni reati sia estendendo la procedibilita' a
querela ad alcune ipotesi criminose contro la  persona  e  contro  il
patrimonio, sia limitando, per alcuni  reati  procedibili  a  querela
nelle ipotesi - base, le circostanze aggravanti che ne determinano la
procedibilita' d'ufficio (cio' che si e' verificato ad esempio per la
minaccia aggravata,  con  il  limite  dato  dalle  modalita'  di  cui
all'art. 339 del codice penale). 
    Il termine di un anno assegnato dal Parlamento all'Esecutivo  per
l'emanazione dei decreti legislativi  e'  ampiamente  scaduto  (il  3
agosto 2018):  la  potesta'  normativa  assegnata  con  la  legge  n.
103/2017 al Governo si e' dunque esaurita con l'adozione del  decreto
legislativo n. 36/2018. 
    Il legislatore delegato non ha compreso tra i reati  perseguibili
a querela, per  quanto  d'interesse  nel  presente  procedimento,  il
delitto di lesioni personali stradali gravi di cui all'art.  590-bis,
comma  1  del  codice  penale,  nonostante  in  astratto  lo   stesso
rientrasse, quanto a  natura  (reato  contro  la  persona)  e  limiti
edittali  (pena  detentiva  inferiore  ad  anni   quattro)   tra   le
fattispecie soggette a modifica del regime di procedibilita'  secondo
il chiaro principio e criterio direttivo dettato dalla  legge  delega
n. 103/2017 e non ricadesse  nelle  espresse  eccezioni  alla  regola
generale indicata, non avendo il parlamento  delegante  escluso  tale
figura delittuosa dal novero di quelle alle  quali  era  riferita  la
modifica in ordine alla procedibilita'. 
2. La non manifesta infondatezza della questione. 
    2.1 In merito alla mancata inclusione del reato di  cui  all'art.
590-bis del codice penale, nell'ipotesi "base" di cui al comma primo,
tra le fattispecie  per  le  quali  prevedersi  la  procedibilita'  a
querela, il legislatore delegato, nella relazione al primo disegno di
decreto, ha dedotto che: 
          in tema di lesioni personali il legislatore  ha  effettuato
un'equiparazione, ai fini della descrizione della  figura  di  reato,
tra malattia (derivante appunto dalle  lesioni  subite)  e  stato  di
incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni (come  si  rileva
dalla disposizione in punto di circostanza aggravante di cui all'art.
583, comma 1 n.  1)  del  codice  penale,  laddove  si  fa  specifico
riferimento all'incapacita' della vittima di attendere alle ordinarie
occupazioni); 
          il delitto di lesioni si connota quindi per un  evento  (la
malattia) che ben puo' consistere in uno stato  di  incapacita':  non
avendo il delegante precisato di quale tipo di incapacita'  si  debba
tenere conto (se totale o  parziale,  temporanea  o  permanente),  il
delegato ha accolto la nozione piu' ampia; 
          la piena fungibilita' tra la nozione di malattia  e  quella
di  incapacita'  (in  qualche  modo  collegata  pur  sempre  ad   una
infermita' quale effetto diretto  della  condotta  lesiva)  determina
l'inclusione della fattispecie di lesioni  colpose  stradali  tra  le
ipotesi per le quali la procedibilita' a querela e' esclusa alla luce
del limite dettato dalla legge delega n. 103  del  2017  all'art.  1,
comma 16, lettera a) n. 1),  vale  a  dire  per  il  ricorrere  della
condizione di incapacita' della persona offesa per infermita'. 
    Con identica motivazione  l'esecutivo  ha  giustificato  l'omessa
inclusione  del  delitto  di  lesioni  dolose  determinanti  malattia
superiore ai venti giorni tra le ipotesi procedibili a querela. 
    2.1.1  Questo  giudice  remittente  ritiene  che  il  legislatore
delegato ha ricondotto la fattispecie di cui all'art. 590-bis,  comma
1 del codice penale de qua tra  le  eccezioni  al  criterio  generale
specifico dettato dal delegante - avente ad  oggetto  tutti  i  reati
contro la persona puniti con pena detentiva non superiore nel massimo
a quattro anni - in violazione della delega ricevuta, per le  ragioni
che si vanno ad esporre. 
    Ed invero, benche'  il  delegante  non  abbia  indicato  in  modo
espresso (all'art. 1, comma 16, lettera a) n. 1) della legge  delega)
a  quale  nozione  di  incapacita'  dovesse  farsi  riferimento,   la
menzionata circostanza ostativa deve ritenersi riferita ai  casi  nei
quali le particolari condizioni di vulnerabilita' della vittima,  per
eta' o infermita', preesistano al comportamento criminoso dell'autore
del reato e siano percio' da questo  indipendenti;  trattasi  dunque,
nell'intenzione del delegante, di particolari condizioni di debolezza
della vittima, sfruttate dall'agente per la realizzazione del  reato:
cio' che connota senza dubbio di maggior gravita' il  fatto  reato  e
dunque giustifica, a maggior tutela di persone offese particolarmente
vulnerabili ed in  stato  di  «minorata  difesa»,  la  procedibilita'
d'ufficio. 
    Nell'ipotesi  delittuosa  in  esame,  viceversa,  lo   stato   di
incapacita'  cui  fa  riferimento  il  delegato  e'  una  conseguenza
dell'azione illecita posta  in  essere  dall'agente,  attiene  ad  un
concetto prettamente civilistico (rilevante ai fini  risarcitori)  di
assenza della capacita' di attendere alle ordinarie occupazioni,  che
tuttavia non incide in alcun modo sullo stato di vulnerabilita' della
vittima, di sua soggezione all'autore del reato, di  minorata  difesa
nei suoi confronti e dunque appare del tutto inconferente ed estranea
rispetto all'insorgere della necessita' di  una  tutela  «rafforzata»
della persona offesa, secondo criteri  necessariamente  astratti  cui
far corrispondere la gravita' del reato. 
    La contingente malattia  conseguente  alle  lesioni  da  sinistro
stradale, se puo' incidere in fatto sulla possibilita' della  vittima
di  sporgere  querela  (in  quanto  ad  esempio   impossibilitata   a
deambulare), non la  pregiudica  in  alcun  modo,  sotto  un  profilo
giuridico, nell'esercizio dei  suoi  diritti,  stanti  le  specifiche
tutele previste dagli articoli 121 del codice penale e 77 del  codice
di procedura penale. 
    In altre parole, quando il legislatore delegante ha  escluso  dal
novero dei reati contro la persona  quelli  nei  quali  la  p.o.  sia
incapace per infermita' o eta', ha inteso riferirsi ad uno  stato  di
vulnerabilita' della vittima, preesistente ed  autonoma  rispetto  al
reato  commesso  in  suo  danno.  Che  tale  fosse  l'intenzione  del
legislatore risulta in modo esplicito dal tenore (fortemente critico)
del parere fornito  dalla  Commissione  giustizia  della  Camera  dei
deputati (cui la prima versione del  decreto  legislativo  era  stato
inviato con la relazione accompagnatoria nella quale  si  dava  conto
del motivo dell'esclusione, come  sopra  riportato):  la  Commissione
invero ha ribadito come la circostanza ostativa  (all'inclusione  del
reato tra quelli perseguibili a querela) connessa all'incapacita' per
infermita' e eta',  debba  essere  riferita  ai  casi  nei  quali  le
«particolari condizioni di vulnerabilita' della  vittima  preesistano
al comportamento criminoso dell'autore del reato e siano  percio'  da
questo indipendenti». 
    La Commissione, nell'esprimere parere favorevole  al  disegno  di
decreto inviatole, ha posto quale condizione che fosse ricompresa nel
novero dei  reati  perseguibili  a  querela  la  fattispecie  di  cui
all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale. La Commissione  medesima
ha condiviso la scelta del Governo di  preservare  la  procedibilita'
d'ufficio per  le  ipotesi  aggravate  di  lesioni  stradali  di  cui
all'art. 590-bis, commi 4, 5 e 6 del codice  penale,  per  l'indubbia
valenza delle regole cautelari violate. A ben vedere, l'esclusione di
tali ipotesi dalla procedibilita' a querela, pienamente conforme alla
delega ricevuta dal Parlamento, risulta connessa alla sussistenza  di
circostanze aggravanti ad effetto  speciale,  espressamente  previste
nella  legge  delega  quali  eccezioni  alla   trasformazione   della
procedibilita' - art.  1,  comma  16,  lettera  a)  n.  2)  legge  n.
103/2017. 
    2.2 Nonostante il parere sul primo schema di decreto  legislativo
su richiamato, il testo definitivo  licenziato  dal  Governo  non  ha
ricompreso il delitto di cui all'art. 590-bis,  comma  1  del  codice
penale tra quelli procedibili a querela, invocando (questa  volta)  a
giustificazione del mantenimento della procedibilita' d'ufficio anche
«il particolare allarme sociale» della fattispecie, la cui  peculiare
gravita' e' stata ravvisata nell'essere l'evento  lesivo  conseguenza
della violazione di  una  regola  cautelare  di  condotta  dettata  a
presidio della sicurezza della circolazione stradale. 
    2.2.1 Va rilevato sul  punto  che  il  legislatore  delegante  ha
fissato con estrema precisione le  eccezioni  al  principio  generale
dettato in materia di procedibilita' a querela dei  reati  contro  le
persone ed il patrimonio, stabilendo limiti espressi tra i quali  non
e' stata inserita violazione delle norme in materia  di  circolazione
stradale. Posto che il Parlamento, a non piu' di un anno dalla  legge
delega,  era  intervenuto  introducendo  l'autonoma  fattispecie   di
lesioni stradali gravi o gravissime, con  ogni  evidenza,  se  avesse
inteso escludere detta fattispecie dal novero di quelle  perseguibili
a querela avrebbe previsto un'esplicita eccezione. Cio'  che  non  e'
stato. 
    Ancora,  va  rilevato  come  la  violazione  di  norma  cautelare
(generica o specifica) costituisca il presupposto comune di qualunque
reato colposo, senza per cio'  solo  identificarne  la  gravita'.  Ed
infatti il legislatore, nel dettare la  disciplina  di  cui  all'art.
590-bis  del  codice  penale  introdotta  nel  2016,  ha  operato  la
distinzione in merito alla gravita' delle  condotte  ricadenti  nella
fattispecie  prevedendo  ipotesi  circostanziate,   connotate   dalla
violazione  di   norme   cautelari   specifiche,   significative   di
particolare allarme quanto a gravita' del fatto e grado  della  colpa
(si pensi all'ipotesi di lesioni gravi o gravissime cagionate da  chi
si fosse  posto  alla  guida  in  stato  ebbrezza  o  di  alterazione
psico-fisica). 
    La violazione di norma  cautelari  particolarmente  pregnanti  e'
stata dunque espressamente prevista dal legislatore e sanzionata  con
ben maggiore severita' rispetto all'ipotesi  di  base,  connotata  da
mera (generica) violazione delle norme sulla circolazione. 
    Ebbene, essendo le previsioni in parola circostanze aggravanti ad
effetto speciale (caratterizzate da aumenti  superiori  ad  un  terzo
della pena prevista per la fattispecie di base di cui al comma 1), le
stesse sono per cio' solo escluse dal novero di quelle procedibili  a
querela ai sensi dell'art. 1, comma 16, lettera a)  n.  2)  legge  n.
103/2017. 
    Va da ultimo sottolineato come la previsione di procedibilita'  a
querela del delitto di lesioni stradali gravi  (nella  previsione  di
base) non fa  che  ripristinare  il  regime  di  procedibilita'  gia'
previsto per il reato di cui all'art. 590, comma 2  e  3  del  codice
penale (lesioni colpose gravi o gravissime, commesse  con  violazione
delle  norme   sulla   disciplina   della   circolazione   stradale),
anteriormente all'introduzione dell'autonoma figura di  cui  all'art.
590-bis del codice penale 
3. Le norme costituzionali violate. 
    Per quanto sopra evidenziato, la mancata inclusione  del  delitto
di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale tra le ipotesi  di
reato perseguibili a querela di  parte  costituisce  violazione  (per
difetto) della delega accordata dal  Parlamento  al  Governo  con  la
legge n. 103/2017, art. 1, comma 16, lettera a), delega  nella  quale
in modo esplicito e preciso il delegante ha indicato al  delegato  il
principio generale cui  uniformarsi  (procedibilita'  a  querela  dei
reati contro  la  persona  puniti  con  pena  pecuniaria  ovvero  con
detentiva non  superiore  ad  anni  quattro  di  reclusione,  sola  o
congiunta a pena pecuniaria) ed i limiti entro cui fare  applicazione
della regola generale, limiti tra i quali non  figura  la  violazione
(generica) di norma  cautelari  poste  a  tutela  della  circolazione
stradale. 
    Il decreto legislativo n. 36/2018, disattendendo (per difetto) la
legge di delega della funzione legislativa, risulta violare l'art. 76
della  Costituzione,   disciplinante   la   delega   della   funzione
legislativa al Governo, nel caso di specie  intervenuta  per  effetto
dell'adozione della legge n. 103/2017, art.1, comma 16,  lettera  a),
con determinazione dei  principi  e  criteri  direttivi  (come  sopra
indicati), espressamente forniti al Governo, per un limitato  periodo
di tempo (un anno dall'entrata in vigore della legge delega) e per un
oggetto definito (vale a dire la modifica della disciplina del regime
di procedibilita' per taluni  reati).  Il  medesimo  decreto  risulta
inoltre violare l'art. 77, comma 1 della Costituzione,  disciplinante
i limiti (qui violati per difetto) entro  i  quali  l'esecutivo  puo'
emanare decreti aventi  valore  di  legge  ordinaria:  ed  invero  il
Governo, nel non ricomprendere il delitto di  cui  all'art.  590-bis,
comma 1 del codice penale tra le fattispecie perseguibili a  querela,
ha oltrepassato il chiaro limite dettatogli da! Parlamento,  tradendo
cosi'  l'intentio  legislatoris  ed  omettendo   di   prevedere   una
fattispecie  di  reato,  sotto  il  profilo   della   condizione   di
procedibilita', cosi' come concepita dal delegante. 
    Per tale aspetto il decreto legislativo n. 36/2018 appare violare
altresi' il disposto di cui all'art. 25, comma 2 della  Costituzione,
che sancisce in materia penale il principio di stretta legalita'. 
    Con riferimento alla  rilevanza,  quanto  alla  violazione  degli
articoli 76 e 77, comma 1 e 25 della Costituzione, della non completa
attuazione della delega parlamentare  da  parte  del  Governo,  giova
evidenziare che in recente sentenza (n. 127 del 26  maggio  2017)  la
Corte  costituzionale,  chiamata  a  pronunciarsi  in   ordine   alla
legittimita' del decreto legislativo n. 8/2016 nella parte in cui non
ha operato la depenalizzazione delle fattispecie punite con la  multa
o l'ammenda  e  ricomprese  nel  codice  penale,  ha  avuto  modo  di
affermare come possa assumere rilievo  in  astratto,  ai  fini  della
violazione della legge delega, la scelta  del  Governo  di  escludere
dalla depenalizzazione i reati del codice, quando  la  scelta  stessa
non trovi riscontro esplicito nella legge  delega,  sull'assunto  che
nel caso in cui la delega sia chiara e puntuale nel prevedere criteri
ed eccezioni a cui l'esecutivo debba attenersi nell'emanazione  della
norma delegata,  non  vi  sia  spazio  per  la  discrezionalita'  del
delegato. 
    Nella medesima pronuncia  la  Corte  costituzionale  ha  rilevato
altresi' che la «coerenza fra  legge  delega  e  decreto  legislativo
assume, del resto, peculiare crucialita' quando,  come  accade  nella
presente fattispecie, siano in questione scelte di politica criminale
compiute dal Parlamento, nel senso della depenalizzazione  di  alcune
fattispecie  di  reato.  In  tal  caso,  il  controllo  sul  rispetto
dell'art.  76  della  Costituzione,  e  quindi  sulle  modalita'   di
esercizio, da parte del Governo, della funzione legislativa delegata,
e' anche strumento di garanzia del  principio  di  riserva  di  legge
sancito,  in  materia  penale  dall'art.  25,  secondo  comma,  della
Costituzione, che attribuisce al Parlamento funzione centrale,  tanto
nella individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle  sanzioni
loro applicabili (sentenza n. 5 del  2014),  quanto  nella  selezione
delle materie da depenalizzare». 
    Nel caso in esame, non puo' sfuggire come la riforma in  tema  di
procedibilita' a querela di alcune fattispecie,  nell'ottica  di  una
complessiva deflazione del sistema penale, sia questione strettamente
attinente a scelte di politica criminale  operate  dal  Parlamento  e
come dunque il controllo sul rispetto  della  delega  dal  Parlamento
stesso conferita al  Governo  nella  suddetta  materia  debba  essere
particolarmente stringente, anche  a  tutela  del  principio  di  cui
all'art. 25 della Costituzione. 
    Va a questo punto sottolineato come  la  costante  giurisprudenza
della Corte costituzionale abbia affermato  che  il  contenuto  della
delega legislativa e dei suoi  principi  e  criteri  direttivi  debba
essere individuato accertando il complessivo contesto normativo e  le
finalita'   che   la   ispirano,   con   la   precisazione   che   la
discrezionalita'  del  legislatore  delegato,  comunque  sussistente,
sara' tanto meno ampia quanto piu' elevato il grado  di  specificita'
dei criteri  fissati  nella  legge  delega,  e  che  l'attivita'  del
delegato dovra' inserirsi in modo  coerente  nel  complessivo  quadro
normativo, rispettando la ratio della legge delega  (sentenza  numeri
56 e 250 del 2016),  procedendo  all'approvazione  di  norme  che  si
mantengano comunque nell'alveo delle scelte di  fondo  operate  dalla
legge delega, senza contrastare con gli indirizzi generali desumibili
da questa (sentenza n. 229 del 2014). 
    Orbene, nel  caso  in  esame,  l'obiettivo  della  legge  delega,
chiaramente desumibile dalla relazione  illustrativa,  e'  quello  di
condizionare alla valutazione della persona offesa la perseguibilita'
di reati non particolarmente gravi (in relazione alla  pena  edittale
prevista per gli stessi, ed in  assenza  di  particolari  circostanze
aggravanti e/o condizioni di vulnerabilita'  della  persona  offesa),
evitando cosi', per tali ipotesi, l'automatismo tra il verificarsi di
evento lesivo colposo e  la  sottoposizione  a  processo  penale  del
soggetto  agente,  determinato  dalla  procedibilita'  d'ufficio  per
determinati reati e dall'obbligatorieta' dell'azione penale. 
    Piu'  in  generale  la  ratio   della   legge   delega,   risulta
strettamente connessa all'esigenza di deflazione del sistema  penale,
in un'ottica di razionalizzazione  delle  risorse  disponibili  e  di
diminuzione del numero dei procedimenti. Tale finalita' del resto  e'
resa ben evidente dall'introduzione dell'istituto dell'estinzione del
reato a seguito di condotte riparatorie di cui al nuovo art.  162-ter
del codice penale, previsto dall'art. 1, comma 1 dalla medesima legge
n. 103/2017, (non a caso) applicabile ai soli  reati  perseguibili  a
querela  rimettibile.  L'ottica  del  legislatore   delegato   appare
pertanto chiara e le modifiche al  codice  penale  delegate  coerenti
allo scopo prefisso: aumentare le ipotesi  di  reati  perseguibili  a
querela, prevedendo al contempo l'estinzione dei reati stessi qualora
dall'agente siano poste in essere condotte riparatorie,  al  fine  di
evitare la celebrazione di processi ai quali le stesse persone offese
non hanno (piu') interesse,  una  volta  ottenuta  soddisfazione  (in
termini risarcitori) dall'autore del reato in loro danno. 
    Nel caso in esame dunque, i criteri dettati  dalla  legge  delega
appaiono, come sopra gia' rilevato, specifici e chiari  nell'indicare
i reati oggetto della revisione delegata in punto di  procedibilita',
oltre che nel sancire i limiti  oltre  i  quali  deve  mantenersi  la
procedibilita' d'ufficio. Ancora, certamente l'ambito di operativita'
della delega  attiene  a  scelte  di  politica  criminale.  Cio'  che
pertanto, in ossequio ai principi dettati dalle pronunce della  Corte
costituzionale su menzionate, comporta una limitazione  assolutamente
stringente  della  discrezionalita'  del  delegato   nella   suddetta
materia. 
    Valutata da ultimo la ratio complessiva della  legge  delega,  si
osserva come la mancata ricomprensione, da parte  del  delegato,  del
delitto di cui all'art. 590-bis, comma 1 del  codice  penale  tra  le
fattispecie perseguibili a querela esuli da un contesto di  legittima
discrezionalita', ponendosi in modo irragionevole  in  contrasto  con
l'impianto  normativo  complessivo  dettato  dal   delegante,   cosi'
violando il principio sancito  dall'art.  3  della  Costituzione:  ed
invero l'esclusione predetta, non solo  incide  sulla  procedibilita'
del delitto, impedendo  alla  persona  offesa  di  valutare  in  modo
autonomo  se  avanzare  o  meno  allo  Stato  istanza  di   punizione
dell'autore del reato, ma preclude a fortiori alla  medesima  persona
offesa la possibilita'  di  rinunciare  alla  pretesa  punitiva  gia'
avanzata, rimettendo la querela sporta (una  volta  che  ad  esempio,
come spesso accade,  in  limine  del  procedimento  la  stessa  abbia
ottenuto  l'integrale  risarcimento  da  parte   dell'Assicurazione).
Inoltre,  in  manifesta  inosservanza  dei  principi  e  dei  criteri
direttivi posti dalla legge di  delega,  rende  inoperante  la  causa
estintiva del reato che si fonda sulle condotte riparatorie (ai sensi
del novello art. 162-ter del  codice  penale,  dalla  medesima  legge
delega introdotto), disincentivando lo stesso risarcimento, al  quale
non puo' comunque conseguire una  pronuncia  di  proscioglimento  per
estinzione del reato. 
    Il giudice in questa sede remittente si e' posta il problema  del
raffronto tra la disciplina, sotto il profilo  della  procedibilita',
del delitto di lesioni stradali gravi e quella dettata per  il  reato
di lesioni colpose gravi commesso con violazione delle norme  dettate
in materia  di  sicurezza  sul  lavoro:  vero  che  per  tale  ultima
tipologia  di  reato  e'  prevista  la  procedibilita'  d'ufficio,  e
tuttavia la giustificazione si appalesa in linea, in  questo  caso  e
contrariamente a  quanto  accade  per  le  lesioni  stradali,  con  i
principi e criteri direttivi dettati dal  legislatore  delegante,  in
considerazione della  particolare  condizione  di  vulnerabilita'  ed
influenzabilita'  della  vittima,  lavoratore  alle   dipendenze   (o
comunque subordinato) di colui che tenendo la condotta contraria alla
norma cautelare, ha cagionato le lesioni (ovvero non ha  impedito  il
verificarsi delle  stesse  ai  sensi  del  combinato  disposto  degli
articoli 40, comma 2 e 590 del codice penale). 
    Tale condizione di fragilita', seppur  non  connessa  all'eta'  e
all'infermita' della persona offesa, giustifica una tutela rafforzata
della  vittima,  gia'  espressamente   prevista   nell'ultimo   comma
dell'art. 590 del codice penale, a differenza di quanto  disciplinato
in relazione alle lesioni colpose gravi per  violazione  delle  norme
sulla circolazione stradale -  anteriormente  all'introduzione  della
autonoma fattispecie di  cui  all'art.  590-bis  del  codice  penale,
comunque procedibili a querela. In tale contesto, l'esclusione  dalla
procedibilita' a querela delle lesioni gravi connesse a violazione di
regole dettate in materia di sicurezza sul lavoro appare  conformarsi
all'impianto normativo generale della legge  delega.  Cio'  che,  per
quanto sopra esposto,  non  sembra  potersi  affermare  in  relazione
all'esclusione delle lesioni stradali. 
    Ribadita la  rilevanza  della  questione  nel  caso  (essendo  il
procedimento a  carico  di  B.  iniziato  d'ufficio,  in  carenza  di
querela) e la non manifesta infondatezza della questione  posta,  per
quanto sopra argomentato,  si  ritiene  di  dover  investire  codesta
ecc.ma  Corte  costituzionale   della   questione   di   legittimita'
costituzionale relativa al  decreto  legislativo  n.  36/2018,  nella
parte in cui in violazione dell'art. 1, comma 16,  lettera  a)  della
legge n. 103/2017, non ha compreso tra i reati perseguibili a querela
le lesioni stradali gravi di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice
penale, per contrasto con gli articoli 76 e 77, comma 1, 25 e 3 della
Costituzione.